Ci possiamo avvicinare alla scrittura per motivi diversi. C'è chi parte già con il desiderio di scrivere un libro e pubblicarlo, chi comincia perché capisce che scrivere fa bene, e poi a forza di scrivere ci prende gusto e vorrebbe avere dei lettori, chi passa un lungo periodo esplorando in solitudine le proprie potenzialità creative e dopo un po' di tempo sente il bisogno di trovare uno sbocco. C'è chi ha ambizioni letterarie, chi vorrebbe scrivere un best-seller commerciale e chi semplicemente scrive e resta a vedere cosa ne viene fuori.

Scrivere in qualche modo è sempre un atto comunicativo. Anche quando scriviamo un diario, sotto sotto, stiamo scrivendo per qualcuno: forse per il nostro io futuro, al quale consegniamo i nostri ricordi, forse per qualcuno che è sempre nel nostro cuore e al quale, anche inconsapevolmente, indirizziamo le nostre parole.

Ma quali sono nella pratica le possibilità di arrivare a una pubblicazione e di trovare quindi un pubblico di lettori?

Non è un argomento che si possa esaurire in un articolo, e io non ho nemmeno le competenze per andare troppo in profondità. Ho però abbastanza esperienza per sapere quali sono le diverse strade che si possono intraprendere, e soprattutto quali sono gli errori da evitare assolutamente.

Il problema principale è che le persone che desiderano pubblicare sono davvero tante, così tante da rappresentare un mercato. Bisogna quindi imparare per prima cosa a muoversi con accortezza, per evitare fregature e delusioni.

Ecco quindi una panoramica di tutte le cose che possiamo fare se vogliamo pubblicare i nostri scritti, facendo attenzione ogni volta a separare il grano dal loglio.

1) Inviare il libro a una casa editrice

Questa è la via più tradizionale. Funziona? Le possibilità di successo non sono moltissime, ma nemmeno nulle. Molto dipende da come scegliamo i nostri interlocutori e da come ci presentiamo.

La prima cosa da sapere è che gli editori sono invasi da manoscritti in cerca di pubblicazione: ne ricevono veramente tantissimi.

Ogni casa editrice ha il suo modo di fare. C'è chi gli invii spontanei non li prende nemmeno in considerazione, e chi un'occhiata comunque ce la dà sempre. Nella maggioranza dei casi, l'aspirante autore riceve risposta solo nel caso in cui ci sia, da parte dell'editore, un interesse. La prima cosa da sapere quindi è questa: in caso di rifiuto non aspettarsi una risposta e men che meno una risposta motivata.

Il lavoro degli editori non è leggere testi inediti e inviare pareri. Se quello che vogliamo è una opinione su quello che abbiamo scritto e indicazioni su come migliorare, allora dobbiamo percorrere altre strade. Questa cosa fa spesso arrabbiare gli aspiranti autori, ma basta rifletterci per capire che non può essere diversamente: per leggere un romanzo con un minimo di attenzione quanto tempo serve? Diciamo, se il romanzo è breve, tre o quattro ore. E per scrivere una bella e-mail nella quale articolare un parere motivato e dare suggerimenti all'autore? Ci vorrà, nella migliore delle ipotesi, almeno un'ora. È pensabile che delle persone con una professione consolidata che stanno lavorando possano impiegare gratis tutto quel tempo solo per fare un piacere a chi si aspetta una risposta?

Se quindi abbiamo deciso di andare in cerca di un editore inviando in modo spontaneo il nostro lavoro, la prima cosa da fare è scegliere a quali case editrici proporci. Di editori in Italia ne esistono più di cinquemila (qui la fonte dei dati), e quindi capiamo subito che pensare di inviare a tutti non è fattibile (e non avrebbe nemmeno senso).

In genere le case editrici non pubblicano ogni genere di libri (a parte forse le più grosse che hanno un catalogo abbastanza ampio da comprendere un po' di tutto). Ogni editore ha una linea editoriale: una serie di collane all'interno delle quali vengono pubblicati libri dello stesso genere letterario o affini per i temi trattati, per gli approcci, per il tipo di pubblico di lettori.

Diventa quindi essenziale come prima cosa capire dove può essere collocato quello che abbiamo scritto. Rientra in un genere preciso? È un giallo, un romance, un thriller? È un'autobiografia? Di che tema tratta?

Se vogliamo essere autori, significa che siamo anche dei lettori. Cerchiamo allora di capire se quello che abbiamo scritto ci sembra che possa essere affine a qualcosa che abbiamo letto, e andiamo a vedere intanto quali case editrici pubblicano cose che in qualche modo somigliano alle nostre. Questo non ci renderà dei fini conoscitori del panorama editoriale italiano, ma può darci qualche strumento di orientamento, importante per almeno due motivi.

Il primo è che inviare il nostro manoscritto a casaccio ci fa solo perdere del tempo. Inutile mandarlo a un editore che non pubblica libri come quello che abbiamo scritto: potrebbe anche essere un capolavoro, ma non verrebbe comunque preso in considerazione. Non serve mandare un giallo a chi non pubblica gialli, poesie a chi non ha collane di poesie, saggistica a chi pubblica solo narrativa e viceversa.

Il secondo è che un invio mirato ci mette in buona luce: inviare una proposta all'editore giusto, avendo in mente il suo catalogo (e magari anche la collana in cui il nostro libro potrebbe trovare posto) è un modo per lanciare un segnale di serietà. Chi è dall'altra parte capisce che conoscete e rispettate il suo lavoro. Questo garantisce la pubblicazione? Ovviamente no, ma male non fa.

Quando avete identificato gli editori che secondo voi potrebbero avere un qualche interesse in quello che avete da proporre, la mossa successiva è andare sui loro siti web e cercare le indicazioni per l'invio dei manoscritti. A volte trovate una sezione bene in evidenza, altre volte dovete andare a cercare nella sezione dei contatti. Può essere conveniente fare una ricerca da Google per "invio manoscritti + nome dell'editore" così è più facile atterrare nella pagina giusta.

In questo modo per prima cosa capite se l'editore in questione accetta proposte.

Poi, seconda cosa, capite in che modo va formulata la proposta. A quale indirizzo e-mail? Vogliono il testo completo? Una sinossi? Un capitolo? Una scheda?

Leggete e seguite le indicazioni. Non c'è uno standard uguale per tutti, ogni editore ha le sue regole.

In generale è sempre utile includere una breve nota biografica (breve, non un curriculum vitae completo) e curare con attenzione il testo della e-mail (è qui il posto dove, in poche righe, potete spiegare perché proprio a quell'editore potrebbe interessare la vostra proposta).

Nell'allegato, che sia il manoscritto completo, o una sinossi, o qualche capitolo, è utile inserire sempre nome, cognome, indirizzo e-mail e magari anche telefono cellulare. Mettete queste cose anche lì, non solo nella e-mail di accompagnamento.

Il file con i testi - che sia il libro completo o una sinossi - non deve seguire particolari criteri di impaginazione (a meno che sul sito non sia specificato diversamente), basta inviare un testo pulito e ordinato, usando un font standard e non cose strane, con il testo giustificato, una interlinea non troppo stretta né troppo ampia (1,5 andrà benissimo). Il testo bisogna che sia corretto: il modo migliore per farsi scartare a priori infatti è infilare due o tre strafalcioni nelle prime pagine. Non perché i refusi e gli errori siano imperdonabili, ma perché se ce ne sono diversi e proprio nelle prime pagine significa che l'autore non ha riletto con attenzione il suo testo prima di inviarlo. E questo sì, è imperdonabile.

In genere i tempi di risposta - se la risposta arriva, che non è scontato - sono comunque lunghi. Mesi. Anche molti mesi. Dipende dalla casa editrice, quelle molto piccole per esempio potrebbero rispondere in tempi più brevi, ma in genere i tempi dell'editoria sono lunghi. Riscrivere dopo un paio di settimane per chiedere se vi hanno letto non è una buona idea. Se proprio non potete fare a meno di sollecitare, aspettate almeno tre mesi.

Ora, diciamo che avete inviato e che un editore risponde e dice: sì, ti pubblico!

Wow, tripudio e gaudio?

No, aspetta. Potrebbe non essere la buona notizia in cui speravi.

Esiste purtroppo una pratica parecchio diffusa che va sotto il nome di editoria a pagamento (abbreviato EAP). Si tratta di case editrici che chiedono agli autori dei soldi in cambio della pubblicazione. È detta anche vanity press, proprio perché è un sistema che fa leva sulla vanità dell'autore che non vede l'ora di leggere il suo nome sulla copertina di un libro.

Purtroppo questa prassi è così diffusa che ormai si sente spesso la domanda: ma quanto si paga per pubblicare?

Ecco, per pubblicare non si paga. Una casa editrice è un'impresa che produce libri e i suoi utili provengono dalle vendite dei suddetti libri, non dagli scrittori. I clienti degli editori sono i lettori (con il tramite dei librai), non gli autori. È l'editore che paga lo scrittore a fronte delle vendite del libro, non viceversa.

L'editoria a pagamento si nasconde dietro molte maschere. La prassi più diffusa è la richiesta di un contributo per coprire le spese di stampa, o l'impegno ad acquistare un certo numero di copie. Però possono esserci anche cose più fantasiose del tipo: ti pubblico gratis ma paghi se vuoi la promozione o un certo posizionamento in libreria. A qualsiasi titolo chiedano soldi è editoria a pagamento.

Ora, perché fuggire dall'editoria a pagamento?

Un editore che chiede a te, autore, dei soldi in cambio della pubblicazione, in genere non ha particolare interesse a vendere il tuo libro, perché ormai è già rientrato delle sue spese. La grande maggioranza dei libri pubblicati con questo sistema, viene distribuita poco e male, non viene promossa, in ultima istanza non raggiunge i lettori. L'autore si compra le sue copie (obbligato dal contratto) le distribuisce ad amici e parenti; se è particolarmente intraprendente magari riesce a organizzare una presentazione in libreria, e la cosa finisce lì. Questo bisogna saperlo.

Poi ognuno è libero di fare come crede ovviamente. Vuoi che quello che hai scritto diventi un libro con il tuo nome in copertina? Possono esserci mille motivi per questo: hai scritto le tue memorie e le vuoi regalare ai tuoi familiari, hai un'impresa o sei un libero professionista ed essere autore di un libro ti può aiutare ad accreditarti presso i tuoi clienti, hai scritto delle favole per bambini e ti piacerebbe regalarle... Sono tutti motivi validi, però tieni conto che puoi raggiungere lo stesso risultato senza bisogno di passare dell'editoria a pagamento, spendendo molto meno (o addirittura zero) e mantenendo tu la titolarità dei diritti d'autore. Puoi decidere per esempio di fare stampare tu stesso il tuo libro, o di produrlo con il metodo dell'auto-pubblicazione (ne parliamo nel prossimo paragrafo). Insomma motivi validi per ricorrere all'editoria a pagamento direi che non ce ne sono.

2) Self-publishing, auto-pubblicazione, auto-editoria

Esiste la possibilità di produrre un libro diciamo così dal basso, senza ricorrere all'intermediazione di un editore.

Per capire bene l'auto-pubblicazione bisogna prima fare un ragionamento. Un testo prodotto da un autore, che sia un racconto lungo, un romanzo, un saggio, non è (ancora) un libro. Per farlo diventare un libro occorrono alcuni passaggi, di cui di solito si occupa la casa editrice.

Quali sono questi passaggi?

  • Editing
  • Correzione di bozze
  • Impaginazione
  • Quarta di copertina
  • Copertina
  • Stampa

A questo punto il libro c'è, e perché venga venduto occorrono ancora due cose:

  • Distribuzione
  • Promozione

Auto-pubblicarsi significa che di tutti questi compiti se ne fa carico l'autore, che quindi diventa in un certo senso editore di se stesso. Non vuol dire necessariamente che fa tutto lui, potrebbe anche avvalersi di collaboratori per uno o più di questi lavori (lo vediamo meglio più avanti).

L'auto-pubblicazione è resa possibile dall'esistenza di una cosa chiamata Print on Demand (POD) o anche Print on Sale (POS). Non sono esattamente la stessa cosa, ma al momento non ci interessano le differenze. In sostanza funziona così: mentre un editore tradizionale di solito fa stampare (a sue spese) un certo numero di copie di un libro e le distribuisce nelle librerie fisiche e in quelle online, con questi nuovi sistemi il libro viene stampato solo quando viene venduto.

Quindi, in buona sostanza: l'autore gestisce in modo indipendente tutto il processo che porta alla trasformazione del suo testo in un vero e proprio libro. Il libro però viene fisicamente stampato solo quando qualcuno lo compra.

Il self-publishing funziona sostanzialmente tutto online, attraverso i grandi operatori del settore: Amazon, in prima linea, ma anche, sia pure con un sistema diverso, IBS, Google Play, Kobo e altri.

Ora qui la cosa diventa un pochino complessa perché in sostanza chi vuole auto-pubblicare ha davanti due strade. La prima è operare direttamente con Amazon, che attraverso il suo sistema Kindle Direct Publishing (KDP) consente a un autore di caricare e rendere disponibile per la vendita il suo libro sia in formato cartaceo che in eBook. Oppure, seconda strada, ci possiamo affidare a servizi di intermediazione che, in cambio di una piccola percentuale sulle vendite, si occupano di rendere disponibile il libro non solo su Amazon ma anche su tutte le altre principali librerie online.

Ora io conosco bene il sistema KDP di Amazon quindi di qui in avanti farò riferimento a quello.

Nella pratica come funziona? Ci si iscrive alla piattaforma, ci si trova dentro un ambiente web nel quale bisogna fornire una serie di informazioni, e poi caricare i file del nostro libro, sia per il cartaceo che per l'e-book.

È tecnicamente difficile? No, la piattaforma in sé è abbastanza facile da usare, bisogna però avere un attimo di pazienza per capire come funziona.

Prima di procedere però dobbiamo assicurarci di avere fatto tutti i compiti, ovvero di avere fatto tutto il necessario per trasformare il nostro manoscritto in un vero e proprio libro, pronto per essere stampato e letto. Torniamo quindi ai passaggi a cui avevamo accennato all'inizio.

1) Editing: significa (in breve) lavorare sul testo, revisionarlo, riscriverlo dove è necessario. In editoria l'editing viene affidato a una persona specializzata, che lavora in stretto contatto con l'autore. Ma se vogliamo intraprendere la strada dell'auto-pubblicazione?
Entro certi limiti possiamo imparare a fare da soli l'editing dei nostri testi. Bisogna avere una certa capacità di analizzare criticamente il proprio lavoro, però io ritengo che sia una cosa fattibile, magari facendosi aiutare da qualche persona amica (e forte lettrice) che legge le nostre cose e ci dice cosa ne pensa, cosa funziona e cosa no. Si possono ottenere per questa via anche dei buoni risultati, ma mai ottimali come quando un testo passa tra le mani di un bravo editor.

L'alternativa al fai da te è ovviamente rivolgersi a un professionista. Qui però bisogna fare molta attenzione e valutare bene le opzioni. Un editing fatto bene, da una persona che sa quello che fa, è costoso. Dobbiamo quindi capire se vogliamo/possiamo fare questo investimento. È una scelta. Quello che invece secondo me va evitato è affidarsi a editor improvvisati, che non sono davvero in grado di migliorare il nostro testo.

Io personalmente ho avuto la possibilità di lavorare con le editor del mio editore per la pubblicazione del libro La rana bollita ed è stato un confronto davvero molto stimolante: il libro ne è uscito migliorato, lucidato come uno specchio, senza alcuna forzatura. Per i libri auto-prodotti invece fino a questo momento ho fatto da sola, proprio perché i costi di un buon editing sono importanti e piuttosto che ripiegare su qualcosa di poco professionale preferisco fare da me.

Sull'editing c'è una certa confusione: c'è chi lo considera al pari di una correzione di bozze. L'editing non è correggere gli errori, è un processo molto più complesso, una cura complessiva del testo dal punto di vista strutturale, di contenuto, linguistico. Per questo è una professionalità che richiede competenza ed esperienza e non si improvvisa da un giorno all'altro. Una possibilità, se vogliamo un editor ma non possiamo spendere molto, è cercare una figura giovane, qualcuno che si è appena formato e che, anche senza molta esperienza alle spalle, può fare comunque un buon lavoro. No però a chi crede che fare editing significhi correggere i refusi e oliare qualche frase. Quelli sono davvero soldi buttati.

2) Correzione di bozze. Si può fare anche contestualmente all'editing, ma è, appunto, una cosa diversa. Qui si lavora su un testo che è già definitivo e ci si concentra soprattutto nella caccia ai refusi. Spoiler: i refusi sono tanti, molti di più di quanto possiate immaginare, trovarli tutti è molto difficile, ma l'obiettivo è che alla fine siano così pochi da passare inosservati. Per fare una correzione di bozze bisogna riuscire a leggere il testo in modo distaccato, perché se leggiamo seguendo il filo della storia la nostra mente difficilmente riuscirà a cogliere i refusi. Anche qui vale un po' il discorso fatto prima: possiamo provare a fare da soli (con tanto olio di gomito) oppure pagare qualcuno che lo fa di mestiere.

3) Impaginazione. Per impaginare un testo per la stampa si può usare banalmente Word, ma bisogna saperlo usare. L'impaginazione perfetta richiede un lavoro professionale, ma con un po' di impegno, possiamo farcela anche da soli. Magari dando un occhio ai libri che abbiamo in casa cercando qualche tutorial semplice se proprio non ne abbiamo un'idea. Con KDP bisognerà prima scegliere un formato di stampa tra quelli proposti e usare un file Word con le giuste caratteristiche. C'è poi da fare anche un lavoro per convertire il nostro Word in un formato eBook. Anche qui, si tratta di cose tecniche tutto sommato non difficili da risolvere, e la piattaforma KDP fornisce molte informazioni su come fare (anche se, va detto, a volte le informazioni non sono del tutto chiare né facili da reperire).

4) Quarta di copertina. Si tratta di un testo breve che ha lo scopo di presentare il libro al lettore. Dovrebbe essere un testo accattivante, capace di catturare l'attenzione. Si chiama così perché tradizionalmente si mette sul retro della copertina, o all'interno delle alette. Nel caso delle librerie online non è tanto importante mettere questo testo fisicamente all'interno del libro, ma c'è uno spazio apposito in cui inserirlo in modo che poi compaia sulla pagina di vendita del libro. È un testo importante, vale la pena curarlo bene, scriverlo e riscriverlo più volte.

5) Copertina. La copertina è importante, è la prima cosa che un potenziale lettore vede del nostro libro. Possiamo valutare se affidarci a qualcuno che la grafica la fa di professione, oppure se adottare la linea del fai da te. Sia per l'impaginazione che per la copertina bisognerà rispettare i requisiti previsti dalla piattaforma. Insomma un minimo di competenza tecnica è necessaria, altrimenti bisogna farsi aiutare.

6) Stampa. Abbiamo detto che di questo non ci dobbiamo occupare. Una volta che il nostro libro è stato caricato correttamente sulla piattaforma KPD, verrà stampato e spedito ogni volta che qualcuno lo comprerà.

7) Distribuzione. La distribuzione è il principale punto debole del self-publishing, perché i libri prodotti con questo sistema non vengono distribuiti nelle librerie fisiche ma solo in quelle online (in qualche caso possono però essere ordinabili da alcune librerie). Ciò non toglie però che se siamo particolarmente intraprendenti possiamo contattare noi direttamente qualche libreria e dare loro alcune copie in conto vendita. Non tutte accetteranno, ma qualcuna probabilmente sì.

8) Promozione. Un libro in qualche modo va promosso. Se nessuno sa che esiste, nessuno lo comprerà. Gli editori tradizionali, quelli un po' più grandi e strutturati, fanno promozione attraverso i loro uffici stampa, per il resto molta promozione passa attraverso internet e i social. La promozione è un altro tasto dolente: puoi fare bene tutti i passaggi precedenti, il tuo libro è finalmente in vendita nelle librerie online, ma se nessuno sa che c'è, resterà invenduto. Su come promuovere il proprio libro si dovrebbe aprire un capitolo a parte, è una faccenda complicata e non mi ci addentro qui che c'è già davvero troppa carne al fuoco.

Poi cosa succede?

Una volta completati tutti i passaggi il vostro libro è in vendita su Amazon (se avete usato KDP). Si può comprare in eBook oppure cartaceo. Attraverso KDP puoi consultare ogni giorno la situazione delle tue vendite, e dopo 60 giorni cominci a ricevere i pagamenti mensili in base a quante copie hai venduto (ovvio, se vendi zero, ricevi zero).

L'auto-pubblicazione, rispetto alla pubblicazione con un editore, ha alcuni vantaggi: le royalties (ovvero la percentuale del prezzo di copertina che spetta all'autore) sono molto più alte; ricevi i tuoi pagamenti ogni mese (con un editore una volta all'anno, anticipo a parte); hai il controllo totale delle tue pubblicazioni: decidi tutto tu (titolo, copertina, impaginazione, formato) e il tuo libro non andrà mai fuori catalogo se non sei tu a decidere di toglierlo dalla vendita. Sei sempre tu a decidere il prezzo di vendita e le sue eventuali variazioni nel corso del tempo.

Ci sono ovviamente dei punti deboli. Intanto, come già detto, la distribuzione: un libro auto-pubblicato difficilmente arriva in libreria. Inoltre, se si pubblica con un editore, editing, correzione di bozze, impaginazione e copertina sono tutte cose di cui l'autore non deve preoccuparsi, perché sono in carico all'editore (anche se, va detto, possono capitare editori che vanno per le spicce, che l'editing non lo fanno). Il self-publishing inoltre è spesso associato alla scarsa qualità, si pensa che sia il ripiego per chi ha ricevuto solo rifiuti dagli editori. Per contro, avere un editore, significa che qualcuno ha ritenuto il nostro testo meritevole di pubblicazione (ovviamente se non si tratta di EAP come abbiamo visto prima) e questo in genere aumenta la nostra autorevolezza come autori.

Ogni autore che vuole auto-pubblicare deve capire quanto lavoro può fare da sé e quanto va affidato all'esterno. Sono valutazioni molto soggettive. In un mondo ideale sarebbe bello essere affiancati da tutte le professionalità necessarie, dall'editor al grafico, ma tutto questo può arrivare a costare anche parecchio, a fronte di nessuna certezza di rientrare di queste spese.

Io personalmente provo fastidio quando leggo che per auto-produrre un libro bisogna per forza pagare almeno un editing e una copertina. Perché spesso questi servizi vengono offerti da persone che si improvvisano, senza reali competenze e tante volte l'autore o l'autrice farebbero meglio a fare da sé piuttosto che pagare per servizi scadenti. Si può creare una copertina dignitosa anche utilizzando gli strumenti messi a disposizione direttamente da KDP. Il punto è che tutti questi elementi sono sì importanti, ma se poi sotto non c'è un buon libro, una copertina super professionale e un eBook tecnicamente impeccabile non servono comunque a niente.

Meglio piuttosto allora investire in una scheda di valutazione editoriale fatta bene da un'agenzia seria e competente. Oppure, se ci possiamo permettere di investire di più, cercare di lavorare con editor che sanno davvero fare il loro lavoro, avendo in mente come obiettivo quello di imparare e di migliorare, sapendo che poi i destini della pubblicazione non dipendono da questo.

3) Agenti letterari e agenzie di servizi editoriali

Se l'obiettivo è trovare un editore, invece di inviare direttamente un manoscritto si può tentare la via delle agenzie letterarie.

L'agente letterario, in breve, è un professionista della filiera editoriale che fa da tramite tra autore e casa editrice: propone i testi agli editori adatti e cura gli interessi dell'autore. Per fare questo occorre ovviamente una grande competenza, conoscenza del panorama editoriale, contatti e una buona reputazione. Senza questi elementi è molto difficile che una agenzia possa fare il suo lavoro.

Quando un agente letterario decide di occuparsi di un autore gli sottopone un contratto di rappresentanza, che di norma prevede che l'agente si impegni a collocare il romanzo dell'autore presso un buon editore, ottenere un buon contratto e seguire poi le vicende del libro dopo la pubblicazione.

Quindi, se è difficile che un editore prenda in considerazione una proposta che arriva spontaneamente da un autore, sarà invece sicuramente più attento se la proposta gli arriva da un agente letterario.

Ma come si trova un agente letterario?

Anche qui bisogna proporsi. Presentarsi, inviare il proprio lavoro, e chiedere di essere rappresentati. È facile? No, per niente. Vale lo stesso discorso che abbiamo fatto per gli editori: ci sono troppi manoscritti in cerca di pubblicazione, ne sono invasi gli editori, e anche gli agenti. Bisogna fare come per gli editori: andare sul sito delle agenzie e controllare attraverso quali modalità accettano proposte.

Un agente letterario non si fa pagare per rappresentarti. Cioè non ti dice: pagami e poi ti aiuto a cercare un editore. Se ti arriva una proposta come questa stanne alla larga perché non è così che funziona. Il lavoro dell'agente letterario infatti viene pagato, di solito, in percentuale sui diritti d'autore. Per questo l'agente ha tutto l'interesse a trovarti un editore e un buon contratto: il suo guadagno dipende da questo.

Oppure puoi trovare agenzie che fanno un lavoro di scouting che non prevede una vera e propria rappresentanza, ma anche in questo caso si paga solo dopo che la pubblicazione è andata in porto, mai prima. Il rischio infatti è di finire nelle mani di persone senza scrupoli che incassano i soldi in cambio di fumose promesse e il tuo libro non ha nessuna chance di essere davvero presentato a qualche editore interessato.

Torniamo al problema principale: come farsi leggere se anche le agenzie sono oberate dai manoscritti e non riescono a starci dietro?

Alcune agenzie letterarie offrono un servizio di lettura a pagamento. Attenzione però: è il servizio di lettura a essere a pagamento, non la rappresentanza o lo scouting.

In sostanza che significa?

L'agenzia si fa pagare per leggere il tuo lavoro, e poi ti invia una scheda di valutazione della tua opera e ti dice se intende o meno rappresentarti presso gli editori. In caso affermativo ti sottoporrà un contratto di rappresentanza, in caso negativo la cosa si chiude lì.

Conviene pagare per una scheda di valutazione?

Se è una buona agenzia, se lavora seriamente, se i prezzi non sono criminali, secondo me può essere una buona idea. Non è detto che ci apra le porte per una pubblicazione ma una scheda di lettura, se fatta bene, è uno strumento prezioso per un autore.

A questo proposito bisogna dire che esistono anche agenzie che non offrono il servizio di rappresentanza degli autori, ma che si sono ritagliate una posizione intermedia: fanno schede di valutazione, eventualmente offrono servizi di affiancamento, di editing, e poi possono orientare l'autore verso l'editore giusto (scouting) pur senza una vera e propria rappresentanza come nel caso dell'agente letterario. Può anche essere che una buona agenzia di servizi editoriali (o anche un singolo professionista) ti faccia una scheda di valutazione anche migliore rispetto a un agente che poi alla fine deve solo dirti di sì o di no.

È un mondo questo in cui bisogna muoversi con cautela. Come fa un povero e inesperto autore a capire se l'agenzia alla quale si vuole rivolgere è seria e lavora bene?

Ci si informa. La fonte migliore di informazioni è il sito web dell'agenzia. Prima cosa da guardare: quali autori e quali libri hanno trattato? Questo è il miglior biglietto da visita di un'agenzia letteraria, e infatti di solito le copertine dei libri che sono passati tra le mani dell'agenzia e poi sono stati pubblicati sono messe bene in evidenza sul sito. Da lì potete capire se l'agenzia in questione riesce davvero a portare i suoi autori in libreria, oppure no. Certo può capitare anche il caso di un'agenzia giovane che si è appena affacciata al mercato e che non ha un portfolio di lavori da esporre. In questo caso bisogna andarci cauti, fare molte domande, cercare di capire se dall'altra parte c'è una persona che svolge onestamente il suo lavoro anche se è solo agli inizi, oppure se c'è qualcuno che ha solo fretta di trovare un cliente da spennare.

4) Concorsi letterari

Se ancora non si è capito, il mondo che ruota attorno ai libri è parecchio variegato. I concorsi letterari non fanno eccezione: ne esistono tantissimi, ed è davvero complicato capire quando vale la pena partecipare.

Intanto, una prima domanda da farsi è: il concorso prevede una quota di partecipazione? Cioè devo pagare per iscrivere il mio testo al concorso? Nella maggior parte dei casi la risposta è sì, ma non sempre, esistono infatti anche concorsi totalmente gratuiti.

Partecipare a un concorso gratuito può essere una buona idea: non ci costa niente, e nella peggiore delle ipotesi non perdiamo niente. Se invece vinciamo o siamo finalisti, ci becchiamo un premio, piccolo o grande che sia, e anche una soddisfazione.

Attenzione però che anche i concorsi letterari gratuiti non sono del tutto esenti da rischi: bisogna sempre leggere con grande attenzione il bando. Ci possiamo trovare infatti davanti a forme di editoria a pagamento camuffate: tipicamente il premio prevede una pubblicazione con contestuale obbligo, da parte dei vincitori, di acquistare almeno un certo numero di copie. Meglio in questo caso stare alla larga.

La maggioranza dei concorsi prevede una quota di partecipazione. Per gestire un concorso letterario ci sono delle spese da sostenere, e quindi non è strano che venga richiesto ai partecipanti un pagamento. A volte però i concorsi letterari sono uno strumento di finanziamento per associazioni culturali, di volontariato, piccole scuole di scrittura o altre realtà. Concorsi banditi da piccole organizzazioni che non hanno alcun legame con l'editoria. Non è detto però che per questo siano da scartare. Possono essere un buon modo per mettersi alla prova e contestualmente per contribuire a una buona causa.

La cosa importante anche qui è leggere tutto attentamente, il bando (soprattutto), chi è che bandisce il concorso e con quale scopo, come viene eventualmente utilizzato il denaro raccolto.

Partecipare a un premio letterario e magari vincere o arrivare tra i finalisti serve a qualcosa? Dipende. Nella maggior parte dei casi non a molto: un editore non si deciderà a prenderci in considerazione perché abbiamo vinto il concorso bandito dalla biblioteca di quartiere.

Esistono però concorsi con una lunga storia alle spalle capaci veramente di dare visibilità a chi vince.

Il primo esempio è il premio Calvino. La quota di partecipazione c'è, ed è anche abbastanza alta, ma, intanto tutti i partecipanti ricevono un parere scritto sull'opera presentata (cosa questa che negli altri concorsi di solito non accade), e poi vincere questo premio, o anche essere tra i finalisti, può essere veramente una svolta.

Altri concorsi da citare perché hanno una sicura tradizione e solidità sono il torneo letterario Io scrittore, il premio Neri Pozza, il premio Urania per opere di fantascienza, il premio Campiello Giovani per racconti, il premio Antonio Gramsci. Poi ce ne sono altri di minori ma fatti bene: bisogna andare a scovarli.

Partecipare ai concorsi letterari, soprattutto quelli per racconti, può essere un'ottima palestra. Spesso questi concorsi prevedono un tema di partenza che bisogna rispettare, un numero massimo (a volte anche minimo) di battute e ovviamente anche una scadenza. Misurarsi con questi "paletti" è importante, anche per toccare con mano che scrivere non è solo farsi trasportare dall'ispirazione quando c'è. Sembra contro-intuitivo ma la creatività spesso fiorisce proprio quando viene incanalata all'interno di confini precisi.

5) Scuole e corsi di scrittura

Anche le scuole di scrittura possono essere un trampolino di lancio per un autore che voglia arrivare alla pubblicazione, questo perché nelle scuole di scrittura - almeno in quelle che hanno tra i docenti persone che appartengono al mondo dell'editoria - si fa sempre anche un lavoro di scouting.

Anche qui bisogna fare delle distinzioni. Esistono corsi e laboratori di scrittura senza collegamenti con il mondo dell'editoria. Ci si iscrive per imparare qualcosa di nuovo, per esercitarsi, per cominciare a fare muovere la penna. Poi esistono corsi e scuole di livello diciamo più avanzato, con docenti che sono scrittori, editor, direttori di collane, agenti letterari, sceneggiatori. Anche qui si impara e si scrive, ma si possono anche rimediare contatti utili, costruire relazioni e conoscenze e, in alcuni casi, avere anche un riscontro puntuale su quello che scriviamo. Nelle scuole infatti, oltre alle classiche lezioni frontali, si fa molto lavoro sui testi: gli allievi scrivono, gli insegnanti leggono, valutano, indirizzano.

Ne vale la pena?

Secondo me, dipende. Intanto si tratta di un tipo di formazione in genere abbastanza costosa. Finché si parla solo di corsi con lezioni frontali i costi sono più contenuti, ma quando c'è interazione con i docenti che leggono, correggono e commentano i nostri lavori, si paga decisamente di più. Ancora di più se si tratta di percorsi lunghi, creati per seguire gli allievi nella stesura di una loro opera.

C'è poi da dire che il confronto a volte può risultare difficile da gestire. Prima di intraprendere un corso del genere bisogna avere le spalle robuste ed essere pronti a ricevere critiche e bocciature.

Come si valuta la serietà di una scuola o di un corso? Possiamo andare a vedere chi sono i docenti, e cosa fanno oltre a insegnare, valutiamo bene quali sono i costi in rapporto con altre scuole, quante sono le ore di formazione e le modalità.

Dobbiamo cercare di chiarirci le idee su quello che stiamo cercando: se vogliamo imparare cose nuove e trovare nuovi stimoli per alimentare la nostra scrittura possiamo scegliere abbastanza a cuor leggero un corso o un laboratorio, magari che non sia troppo costoso e con docenti che sentiamo affini. Se invece vogliamo fare un salto di qualità e avere l'occasione di farci notare da qualcuno del mestiere, allora dobbiamo mettere in conto sicuramente di sborsare un bel po' di soldini ed essere pronti a vedere smantellate le nostre certezze ;)

6) Le riviste letterarie

Ho lasciato per ultimo questo argomento non perché sia il meno importante ma perché è quello che conosco meno.

Un autore o un'autrice che voglia cimentarsi nella scrittura di racconti può tentare di farli pubblicare in una delle tante riviste letterarie (indipendenti e non) che vengono pubblicate, a volte solo online, a volte in cartaceo.

Si scrive alla rivista per sottoporre il proprio racconto e si aspetta di vedere se viene accettato. In passato con questo sistema si poteva anche guadagnare qualcosa, ma adesso credo che siano pochissime le riviste che pagano gli autori.

Di solito le riviste sono gestite da un comitato editoriale che decide qual è la linea della rivista e di conseguenza sceglie, tra le proposte arrivate, quali racconti pubblicare. Essere scelti è un buon modo per fare esperienza e cominciare a formare il proprio curriculum di autori. E forse anche per essere notati da qualche editore interessato. Può essere infatti che qualche casa editrice in cerca di talenti da scoprire faccia scouting tra le riviste letterarie. Come dicevo prima conosco poco le riviste letterarie. Per approfondire ti rimando a questo articolo: guida alle riviste letterarie italiane. Mi sembra un buon punto di partenza per cominciare a esplorare questo mondo. La raccomandazione anche qui è sempre la stessa: bisogna leggerle le riviste prima di inviare proposte. Il punto non è trovare per forza un contenitore in cui piazzare i nostri scritti (e magari lamentarci se veniamo rifiutati) ma riuscire a creare un'occasione di incontro tra il tipo di cose che scriviamo e una certa linea editoriale e un certo pubblico.


Considera questo lungo articolo come una specie di bussola per cominciare a orientarsi nell'intricato mondo delle pubblicazioni. Pubblicare un libro alla fine dei conti non è poi così difficile: il self-publishing è accessibile a tutti, ed esistono anche tantissimi piccoli e micro editori che davanti a un buon manoscritto non si tirano indietro, anche se l'autore è alle prime armi. Molto più difficile invece è raggiungere le grandi e medie case editrici. Bisogna comunque in tutti i casi avere un minimo le idee chiare su quali sono le nostre aspettative, e soprattutto imparare a riconoscere le iniziative truffaldine (o comunque poco serie e poco utili) che purtroppo in questo campo non sono poche.

P.S. Di solito quando scrivo faccio attenzione a usare un linguaggio inclusivo e quindi evito di utilizzare in modo massiccio il maschile esteso (cioè l'uso del maschile per includere tutti i generi). Purtroppo in questo articolo non ci sono riuscita. Ho dovuto ripetere di continuo la parola autore (o anche la parola lettore) e stare ogni volta a precisare autori e autrici avrebbe appesantito di molto la lettura. Lo so che esistono modi per evitare la ridondanza usando per esempio il simbolo ə per includere tutti i generi, oppure l'asterisco. Ma ogni volta che mi trovo davanti a un testo lungo che usa lo schwa a me personalmente va il cervello in pappa, non riesco a leggere, ho proprio difficoltà a mettere assieme il significato delle frasi perché incespico di continuo. So che non sono l'unica persona ad avere questa difficoltà e in un articolo così lungo e complesso secondo me era necessario favorire la leggibilità. Quindi alla fine ho utilizzato la modalità convenzionale. Lo so che non è la scelta ottimale, ma non ho trovato una soluzione migliore.